Margherita

18.11.2015 21:44

Ci sono cose e oggetti, nella vita, che non riesci ad ottenere, vorresti averli con tutta l’anima, perché ti piacciono, ti soddisfano, ti fanno assaporare attimi di gioia.

Così come le cose, ci sono anche le persone.

Margherita aveva incontrato una persona simile. Era una persona speciale, le aveva fatto capire che la sua vita era insignificante senza un compagno a fianco. Le aveva aperto un mondo nuovo. Un mondo fatto di sensazioni estreme, dove piacere e lussuria si confondevano. La nuova vita le aveva donato una luce diversa. Il sorriso le si era stampato in volto, i capelli sembravano più brillanti e la pelle era luminosa e distesa.

Lei  prese a vivere  in funzione di quella persona. Lo soddisfaceva e a suo modo ne godeva, ne traeva benessere, e la mente e il cuore vivevano in perfetta simbiosi. L’adrenalina e lo spirito erano innalzati alle stelle, nulla era scontato, e ogni giorno era diverso da quello precedente.

Ogni cosa andava per il verso giusto, persino in ufficio dove aveva sempre riscontrato difficoltà nel relazionarsi con alcuni colleghi.

Si sentiva coccolata e sentiva di essere importante per quell’uomo.

Poi  un mattino…

Si svegliò presto e andò in cucina a preparare la colazione.

Il bip di un sms sul telefono di Giacomo attirò la sua attenzione, stranamente lo aveva lasciato sul ripiano della cucina. Lui stava ancora dormendo.

Pensò che quel messaggio fosse importante e pensò anche di portargli il cellulare, svegliandolo con qualche bacio. Poi pensò che erano affari suoi e  forse era solo un banale sms della compagnia telefonica. Rimuginò a lungo, mentre riempiva il filtro della moka con il caffè. La tentazione di andare a leggere l’sms era notevole; non aveva mai violato la privacy di Giacomo, ma quel mattino si era insinuato dentro di lei un tarlo, e non se ne voleva andare.

Mentre la moka ribolliva, sbuffando vapore, la sua mente funzionava alla stessa maniera di quel liquido caldo e profumato: ribolliva sbuffando! Tenne a bada l’impulsività, ma il secondo bip la irretì. Afferrò il cellulare e cliccò sull’icona dei messaggi.

“Ieri è stato un giorno fantastico. Scopi da dio” Recitava il primo messaggio da una certa Claudia.

“Ti amo e non vedo l’ora di rifarlo.” nel secondo.

Margherita alzò lo sguardo, come se avesse intuito una presenza. Giacomo era fermo sullo stipite della porta e la stava guardando.

Come una bambina beccata con le dita nel barattolo della nutella, Margherita tentò di nascondere il cellulare dietro la schiena.

“Cosa c’è di così interessante sul mio cellulare?” chiese lui, scuro in volto.

“Un sms…” Margherita pensò fosse del tutto inutile nascondere il cellulare, lui se ne era accorto.

Glielo consegnò, con un espressione interrogativa.

Lui lesse, poi: “E’ solo un’amica…” la guardò e poi continuò con le sue bugie: “non è niente per me, si è messa in testa non so quali cose. La conosci… Claudia… dai, sì, la segretaria del mio capo. Quella è solo una che cerca cazzi!”

Margherita non ebbe reazioni, né parole, né altro. Pacatamente si allontanò e poi si chiuse nel bagno, a pensare.

“Cristo, mi ha tradita… E chissà quante volte!?” borbottò fra se.

Aprì la doccia e, sempre con molta calma, lasciò scorrere l’acqua sul suo corpo.

Tornò in cucina, vestita e profumata, come se nulla fosse accaduto. Lui era intento a leggere qualcosa sul pc, come ogni mattina.

Margherita gli si avvicinò, gli chiuse il portatile e poi,  senza far trasparire le sue emozioni e il suo dolore, gli disse: “Vado a lavorare, al mio ritorno voglio le tue cose fuori di qui. Ti lascio tutta la giornata a disposizione per farlo…” fece una pausa…”finalmente in bagno non troverò più la tavoletta del cesso alzata!”

E uscì, lasciandolo di stucco.

Margherita non riuscì a combinare molto al lavoro, e i giorni seguenti furono devastanti. Lui portò via molte cose dalla loro casa, ma ogni tanto si ripresentava con la scusa di prendere qualche altro oggetto. Ogni volta lui provava a riconciliarsi, allungava le mani a farle delle carezze, ma lei si allontanava e attendeva in un angolo che lui se ne andasse. Un giorno, Giacomo l’afferrò per un braccio, tirandola a sé, e  incollò le labbra alle sue. Le mordicchiò le labbra, tentandola come un tempo, ma lei si divincolò e corse verso la camera. Giacomo la seguì e lei non fece in tempo a chiudersi dentro. Lui l’afferrò di nuovo e, preso da una foga e da un istinto animale, le strappò i vestiti di dosso. Margherita cercò in tutte le maniere di allontanarlo, tirando pugni e schiaffi, ma lui era più forte e prese quel che voleva senza sforzo alcuno.

Giacomo poi si rivestì in fretta, ma prima di andarsene le sputò addosso.

In ufficio non lasciò trapelare nulla, ma nonostante i suoi sforzi i colleghi si erano accorti che qualcosa non andava e le chiedevano continuamente se stesse bene. Odiava quei momenti e si stringeva addosso gli abiti, perché ogni volta era percorsa da un brivido, era come se il freddo le si fosse infiltrato nelle ossa.

Passava notti insonni. E nonostante quello che stava passando Giacomo le mancava. Eppure lo odiava anche, per il tradimento e per la violenza subita. Trascinò le sue giornate tra la casa e l’ufficio, senza prendersi divertimenti o incontrare qualche amica.

Poi un giorno: “No, basta. E’ ora di scrollarsi da quest’apatia, devo uscire.”

Aveva finalmente deciso che era stata rinchiusa fin troppe ore, troppo a lungo. Non c’erano altri motivi di rimanere chiusa in casa ulteriormente.

Uscire da sola non le era mai piaciuto, ma non poteva fare altrimenti.

Decise di vestirsi in maniera informale: un lungo cappotto a coprire le forme e degli stivali bassi con il pelo, abbandonando per qualche ora le sue immancabili Louboutin. Aveva bisogno un abbraccio caldo, di sentirsi calda.  Prese una lunga sciarpa di lana e se l’avvolse attorno al collo, poi uscì.

Si chiuse dentro un cinematografo, scegliendo una stupida commedia romantica. Non era il suo genere preferito, ma non era in vena di pellicole più complicate, non le riusciva di prestare attenzione a nulla.

Quando sullo schermo passarono i titoli di coda decise che la serata non era finita, non voleva di nuovo ritrovarsi sola in quella casa, in cui tutto le parlava di lui. E soprattutto le tornarono in mente le sue mani, i suoi modi rozzi e tutto il resto.

Entrò in un bar nelle vicinanze della multisala e sprofondò  in una comoda poltrona con un bicchiere in mano, che le avevano appena servito al bancone.

“Bel modo di concludere la serata” disse tra sé…”Tenterò di ubriacarmi.”
Margherita non era uscita in cerca di compagnia, avrebbe voluto solo affogare in quel liquido che le bruciava in gola, ma lo vide, o meglio… lo vide guardarla.

Un uomo la stava osservando e aveva uno di quegli sguardi che catturano; ci furono attimi di reciproco studio. Lui stava sorridendo, sembrava quasi divertito, come se sapesse qualcosa e  che potesse guardarle dentro.

Lei abbassò gli occhi e tornò a guardare altrove, sorseggiando quel che aveva nel bicchiere.

Pochi minuti dopo girò lo sguardo verso la direzione dello sconosciuto e  l’attraversò un piccolo brivido di delusione: se ne era andato.

Sospirando, e alzando le spalle, bevve gli ultimi sorsi e poi usci dal bar. La  notte l’avvolse,  il freddo si era intensificato; si strinse addosso il cappotto e infilò le mani nelle tasche. Nonostante il freddo, Margherita decise di fare una passeggiata, prima di tornare a casa.
“E’ una bella sorpresa, non credi?”
Si girò verso quella voce. Era di nuovo lo sconosciuto, con quel pizzico di sorriso stampato sul volto.

“Buon Dio, mi ha seguita?” si chiese tra sé.
“Si, molto bella.” rispose educatamente.
Lo sguardo dell’uomo era penetrante, si accorse solo allora di essersi avvicinata per studiarlo più da vicino. Era piuttosto giovane, bello, con i lineamenti del viso morbidi, e continuava a scrutarla impertinente.
“Sei troppo bella per restare da sola sul bordo di una strada.”

Margherita continuò a guardarlo chiedendosi cosa significasse quella  frase.

“Scusami…” riprese lui…”non volevo essere così audace, ma sei una donna che non passa inosservata. Nonostante tu sia coperta così tanto…”

Il suo modo di fare tornò a essere amichevole e informale, ma lo sguardo nei suoi occhi diceva altro.

Sembrava esitante e incuriosito insieme.

Non sapendo cosa rispondere, lei rimase in silenzio, cercando di capire a che gioco stava giocando.

Lui, notando la sua esitazione, riprese a parlare: “Ho paura di offenderti, ma ho bisogno di dirti una cosa.”
Fece ancora una pausa attendendo una risposta che non arrivò.

“Mi ricordi qualcuno.” riprese, “non ti piacerebbe sapere chi è?”
La risposta di Margherita fu solo una faccia da idiota, con un sopracciglio alzato, e le venne da ridere.
“Ti ho vista in un sogno.” sorrise malizioso. “Un sogno a occhi aperti, per l’esattezza.”
Riuscì a suscitare in Margherita una piccola esclamazione di sorpresa, null’altro.

Lui si avventurò ancor di più: “E la memoria di quel sogno continua a emozionarmi.”
Margherita si trovò sconcertata, riuscì finalmente a parlare: “Non riesco ad immaginare come…” parole accompagnate da un rossore e da una improvvisa vampata al volto.
“Non è vero?” era vicinissimo, allungò una mano e le accarezzò una guancia molto delicatamente, senza mai distogliere lo sguardo da lei. Lei indietreggiò un po’, ma non disse nulla.

“Stai andando a casa? Posso accompagnarti? Magari incontri qualcuno che può farti del male. Io sarò il tuo scudiero!”

Margherita rise.

“Abito proprio qui dietro, a cinque minuti da qui. Non credo ci siano malintenzionati in questa zona…”

“Non si sa mai!”

Stefano, così disse di chiamarsi, l’accompagnò fino al portone di casa e chiacchierarono amabilmente ancora qualche minuto, appoggiati al muro. Il vento era pungente. Stefano si avvicinò a Margherita, troppo. Lei non era pronta a cominciare una nuova relazione, o anche solo degli appuntamenti  per fare sesso.

“Scusami Stefano, ma si è fatto tardi. Ho freddo e domani mi aspetta una giornata di lavoro non indifferente.” Affossò il viso nella sciarpa.

“Vorrei rivederti…”

“Domani… ci vediamo al bar…” Margherita ebbe improvvisamente fretta di rientrare, di chiudersi in casa, al sicuro e al caldo.

Appena entrò in casa si accorse che qualcosa non era come quando era uscita. Pensava di aver spento tutte le luci e invece dalla porta socchiusa della camera si intravedevano le luci accese.

Cercò il cellulare nella borsa, voleva essere pronta a chiamare soccorsi -magari era entrato un ladro- e si avvicinò piano alla porta. Sbirciò. Appena lo vide tornò sui suoi passi.

“Ti ho sentita…”

Giacomo le sembrò ubriaco, strascicava le parole: “Dove vai? Non puoi scappare.”

Lei riprese cappotto e borsa e raccolse un po’ di cose alla rinfusa: le chiavi della macchina, un berretto, la sciarpa. E afferrò la maniglia del portone per uscire. Non poteva rimanere in quell’appartamento con lui.

Giacomo fu più veloce. L’afferrò per la maglia e poi per i capelli e la trascinò fino al divano.

“Adesso tu stai lì e mi ascolti!” Cominciò a fare avanti e indietro di fronte a lei, passandosi le mani nei capelli.

“Con chi sei uscita? Hai un altro… L’ho visto sai.”

Le andò vicino e la schiaffeggiò più volte. Margherita si era improvvisamente ammutolita.  Rimase con lo sguardo fisso in un punto del muro di fronte a lei, senza alcuna reazione.

Pensava: “Un bacio è solo un bacio, fino a quando trovi la persona di cui ti innamori.”

Giacomo continuò il suo personale monologo, farcito di bestemmie e insulti e ogni tanto si fermò davanti a lei per scuoterla.

“Anche un abbraccio è solo un abbraccio, fino a quando trovi l’uomo a cui stavi da sempre pensando. 
Un sogno è solo un sogno, fino al giorno in cui non si avvera e la parola amore è stata sempre e solo una parola, fino al giorno in cui ti ho incontrato.”

Poi lui si abbassò su di lei, le tirò indietro il viso tirandola per i capelli, le sferrò un pugno e poi ancora un altro. Il dolore che sentiva era forte, ma non superava quel dolore che le si era infiltrato nelle ossa e nel ventre. Aveva freddo.

“Quella prima notte, eri così bello. Il tuo tocco era morbido, le tue parole erano gentili, il tuo sorriso era la cosa più incantevole che avessi mai visto. I tuoi baci erano dolci e tutto di te mi teneva al di sopra di un sogno. Mi avevi fatto sentire così bella e così desiderabile, come non lo ero mai stata. Eri il mio principe sovrano.”
E mentre lei ripercorreva il loro amore, i giorni felici, le piccole perversioni che lui le aveva riservato ogni qual volta avevano fatto sesso, lui si approfittò di lei. Le inveì contro  più volte, con le mani e con le parole e poi la violentò.

“Il mio principe è diventato un mostro.” Fu il suo ultimo pensiero prima di svenire.

Il mattino dopo Margherita telefonò in ufficio e disse che non sarebbe andata a lavoro per qualche giorno, poi chiamò un fabbro  e  fece cambiare la serratura al portone dell’appartamento. Tuttavia ancora non si sentiva sicura e allora fece installare un allarme.

Nei giorni che seguirono, uscì solo per comprare delle provviste, ma ebbe la sensazione che qualcuno la stesse seguendo. L’ombra di Giacomo la perseguitava, l’odore del sesso e della violenza le era rimasto nella memoria. Le faceva male lo stomaco.

E le notti successive furono anche peggio.  Margherita si svegliava spesso, gli incubi e la violenza non l’abbandonavano mai e aveva freddo. Tanto freddo.

“Non capirò mai come hai potuto farmi questo e come ho potuto lasciartelo fare.” Era ormai un pensiero fisso.

Tornò in ufficio dopo una quindicina di giorni. I lividi erano quasi scomparsi. Dentro di lei non sarebbero mai andati via.

I colleghi l’accolsero festanti e lei abbozzò un sorriso e cercò in tutte le maniere di tenerselo stampato in viso per tutta la giornata. Non aveva voglia di spiegare e non avrebbe mai confessato a nessuno ciò che stava passando. Oltre al dolore, si aggiungeva una sensazione di vergogna che non riusciva a spiegarsi.

Rientrò a casa che era buio da un pezzo e fuori dal portone trovò Stefano.

“Ciao Margherita. Non ti ho più vista…”

“Scusami, ho avuto un brutto periodo.” Non aveva voglia di parlare e non aveva bisogno di un altro uomo nella sua vita. Si scusò ancora e entrò nell’atrio del palazzo.

Davanti al portone dell’appartamento trovò Giacomo.

“Che ci fai qui? Vattene!” Furono le  ultime parole di Margherita.

Giacomo le sferzò la prima coltellata allo stomaco e poi ritirò la lama. Margherita guardò il sangue gocciolare a terra, incredula, poi lasciò cadere quello che aveva in mano e si toccò lo stomaco, stringendo. Le gambe cedettero e Giacomo l’abbracciò per tenerla in piedi.

“Non fa così freddo,” pensò Margherita.

Lui le soffiò sul viso qualche parola e poi l’accoltellò di nuovo, più volte, fino ad accompagnare il corpo di Margherita, ormai inerme, sul pavimento.